Noto in questo sito, che a tratti dà pure spunti di riflessione interessanti, la recrudescenza di un sentimento revanscenista meridionale in questi ultimi tempi...è forse ricollegabile all'espansione della lega a nord, per cui il sud reagisce rifugiandosi in miti regionalisti del passato?
questo è un argomento interessante che andrebbe approfondito...
detto questo, trovo almeno curioso l'atteggiamento di molti meridionali nel cercare di far passare il regno borbonico come uno stato moderno e illuminato...sebbene le cronache post-unitarie abbiano tralasciato gli aspetti meno negativi del defunto regno (per ovvie ragioni propagandistiche), ora certe esaltazioni mi sembrano davvero ridicole e mi lasciano davvero perplesso...certo, i libri di storia vengono scritti dai vincitori e le ragioni degli sconfitti si perdono e scompaiono; e certamente trovo sia più che corretto, dopo 150 anni, cominciare un'analisi storica seria e obbiettiva per dare colpe e meriti in giusta misura. Tuttavia alcune precisazioni non possono non essere fatte...mi riferisco all'intervento del buon DES ESSEINTES, che pur dovendo essere controcorrente in virtù del suo nickname - scusa la battuta - finisce per ricadere sempre negli stessi luoghi comuni...quindi, senza rabbia ma solo con piglio polemico, diciamo che:
- sui primati tecnologici del regno borbonico, nulla da dire: sono conclamati e ineluttabili. Tuttavia, c'è un altro lato della medaglia: essi non erano frutto di un'economia globale ricca e moderna, ma più che altro erano dovuti alla volontà di dimostrare la modernità d'un regno attraverso opere avanzate che funzionassero da "specchietto per le allodole"...la ferrovia napoli-portici fu la prima a essere costruita in italia, è vero ma non aveva di fatto nessuno scopo industriale: era un vezzo che il re s'era voluta togliere per far apparire il suo regno, per l'appunto, moderno...tant'è che la progettazione della linea era di mano francese, mentre le locomotive venivano dall'inghilterra! poi la sua costruzione diede il là alla realizzazione del polo industriale e ferroviario di pietrarsa (che rimase in funzione anche dopo l'Unità) che però soffrì dei limiti tipici di tutte le industrie del sud...
- il numero di addetti all'industria non ha nessun significato, come ha detto saggiamente campari...bisogna vedere com'era utilizzata questa manodopera! inoltre il regno borbonico viveva in uno stato di "apartheid" economico che lo rendeva non solo dipendente dall'estero per quanto riguardava i macchinari tecnologici, ma incapace d'esportare (a parte qualche prodotto agricolo e lo zolfo siciliano)...le industrie napoletante erano, per così dire, fuori mercato nel senso che erano protette dalla concorrenza estera sia da forti dazi doganali che dal fatto d'essere industire di stato, quindi al di fuori del sistema capitalista e liberista che vigeva in europa, come oggi (sistema capitalista che, come ricorda CAMPARI, s'era andato affermando sia nel piemonte di cavour che nel lombardo). Il sistema industriale del sud, che pur esisteva, era completamente dipendente dalle casse statali. Questa è la causa principale del suo fallimento dopo l'Unità: le industrie del sud, una volta eliminato il fortissimo protezionismo economico, si trovarono a dover competere sul mercato italiano e su quello europeo in un sistema liberista. Completamente incapaci in questo, andarono in crisi e i vari macchinari, diventati inutili, presero la strada del nord.
- uno dei problemi storici del sud è sempre stato (e lo è ancora) la cronica assenza di una borghesia capace d'essere sul mercato...ai baroni meridionali il capitale non mancava, ma invece d'investirlo in attività industriali per generare altro capitale preferirono rimanere ancorati al loro mondo latifondista, fonte per loro di sicura ricchezza ma fermo, immobile, completamente estraneo ai fermenti che muovevano l'europa in quei tempi.
- se napoli, capitale del regno, era una città abbastanza proiettata verso l'europa, il resto del regno era governato da baroni latifondisti che di fatto erano piccoli monarchi indipendenti...in questi feudi s'era di fatto rimasti al medioevo: l'agricoltura era di tipo arcaico, mancavano completamente le infrastrutture e le conoscenze moderne, i contadini erano praticamente proprietà del nobile di turno, gli dovevano pesanti gabelle e vivevano in condizioni di povertà estrema. Anche se non lo si vuole ammettere, in pratica vigeva la servitù della gleba;
ricordo che nel 1861 il livello d'analfabetismo nel sud era del 92%.
- la sicilia era una bomba a orologeria pronta a esplodere. i baroni che la governavano (la mafia primigenia) volevano l'indipendenza da tempo e già nel 1848 dei moti rivoluzionari erano stati duramente repressi con il bombardamento di messina. non per niente garibaldi, sbarcato in sicilia con 1000 straccioni male armati (questo erano le camicie rosse), trovò terreno fertile nell'isola per radunare volontari;
- la situazione economica non era così florida: anni di isolazionismo economico e politico avevano sì portato nella casse statali un ingente disavanzo ma solo perchè le spese del regno non erano ingigantite da affari militari... è un discorso abbastanza capzioso: il regno di sardegna (piemonte,liguria,lombardia e emilia) aveva nel 1861entrate triple rispetto al regno delle due sicilie, pur disponendo di metà popolazione; tuttavia, nello stesso periodo le uscite nelle casse piemontesi erano più che doppie rispetto alle entrate. Da che era dovuto questo? semplicemente, da anni di guerre che i piemontesi avevano sostenuto, mentre il regno dei borbone era stato in pace da secoli (esclusa la parentesi napoleonica con la cacciata non cruenta dei borbone). davvero credete che un'economia incapace d'esportare e, esclusi rari centri industriali, ancora arretrata, potesse avere una situazione finanziaria solida? tant'è che le banche del sud navigavano da tempo in cattive acque al momento dell'unità...
- inoltre, un regno davvero potente e forte non sarebbe crollato come un castello di carte all'assalto di un battaglione di 1000 uomini (che avevano, al momento dello sbarco, fucili ad avancarica!) fatto da nemmeno un soldato! al di là di tutti gli intrighi che ci furono in quei giorni (l'incompetenza del generale landi, il patto fra garibaldi e la mafia baronale siciliana, la protezione inglese che voleva la sicilia, le connessioni fra camorra, don liborio e i piemontesi) resta il fatto del repentino crollo e, infine, d'un altro fatto indubitabile: che cavour, statista lungimirante, non aveva NESSUNA intenzione di occupare il sud, che riteneva più un debito che un guadagno! fu il colpo di testa di garibaldi, supportato da vittorio emanuele II. Le conseguenze (il crollo dell'economia meridionale, l'occupazione coloniale piemontese con successiva guerra civile passata alla storia come brigantaggio, l'odierna situazione del sud) sono i frutti di un unione che non doveva esserci. almeno non in quel modo...