Domanda:
rivoluzione francese e stati generali..............................?
•O.o°•ღ Sarda Doc ღO.o°•
2010-03-17 10:51:13 UTC
cosa portò lo stato francese ad avere condizioni tali da rendere possibile la convocazione degli stati generali nel 1789???
Tre risposte:
anonymous
2010-03-21 08:01:41 UTC
La crisi finanziaria dello Stato francese aveva origini lontane. Il debito pubblico, già rilevante negli ultimi anni del regno di Luigi XIV, continuò a crescere sotto il regno di Luigi XV, a causa degli sprechi, dei privilegi e delle esenzioni di cui godeva la nobiltà. In compenso, l'economia francese aveva mantenuto una capacità di sviluppo in grado di compensare in parte gli effetti della cattiva amministrazione dello Stato, arrecando vantaggi sia all'aristocrazia che alla borghesia imprenditoriale. Il rallentamento dello sviluppo economico, verificatosi a partire dal 1778 e la successiva recessione prolungatasi per tutto il regno di Luigi XVI, unitamente alle enorme spese militari sostenute in appoggio della Guerra d'Indipendenza americana - si calcola in 2 miliardi di lire il loro costo complessivo - portò le classi popolari alla miseria e le finanze statali al tracollo.

Nel tentativo di ottenere maggiori entrate e di porre almeno un limite ai privilegi fiscali, il ministro delle finanze Charles Alexandre de Calonne aveva presentato il 20 agosto 1786 un Piano di miglioramento delle finanze che prevedeva, tra l'altro, l'imposizione di una tassa su tutte le proprietà fondiarie, anche nobiliari ed ecclesiastiche, prima escluse, la soppressione delle dogane interne e altre misure a favore della produzione industriale e del commercio. A questa riforma fiscale si associava una riforma amministrativo, l'istituzione di assemblee municipali, con funzione consultiva, elette dai sudditi che godessero di una rendita di almeno 600 lire.

L'assemblea dei notabili, composta di nobili e prelati, convocata ad approvare la riforma, respinse il progetto che ledeva gli interessi delle classi che essi rappresentavano e di cui facevano parte, così che Luigi XVI, l'8 aprile 1787, licenziò il ministro.

Anche il suo successore, l'arcivescovo di Tolosa Étienne-Charles de Loménie de Brienne, dopo essere ricorso a un prestito per evitare il crollo finanziario, ripropose sostanzialmente il progetto di Calonne, che fu ancora respinto dai notabili. Anche il Parlamento di Parigi respinse gli editti reali che prevedevano l'imposizione di alcune nuove imposte, e richiese la convocazione degli Stati generali. Richiesta reiterata il 3 maggio 1788, in una dichiarazione nella quale il Parlamento sosteneva che l'approvazione delle imposte era un diritto della nazione e condannava le lettres de cachet come lesive del diritto naturale alla libertà individuale.

I pronunciamenti liberali del Parlamento si accompagnavano al ribadimento dei privilegi nobiliari ma, nel loro insieme, costituivano un attacco al principio dell'assolutismo reale, così che la reazione monarchica non si fece attendere: arrestati due parlamentari, Duval d'Epremesnil e Goislard de Montsabert, l'8 maggio furono imposti d'autorità gli editti con i quali si riformava la giustizia, secondo il progetto del guardasigilli Lamoignon de Malesherbes: in particolare, il Parlamento perdeva il controllo degli editti reali, prerogativa assegnata a una Corte plenaria di duchi e di pari legati alla monarchia e vedeva soppresse o ridotte le sue prerogative in materia giudiziaria a favore dei tribunali di baliaggio.

La riforma provocò agitazioni in provincia: in giugno si ebbero disordini a Digione, a Tolosa, a Rennes, a Grenoble: in questa città, alle proteste dei nobili si associò il Terzo Stato, provocando per reazione l'esilio dei magistrati del Parlamento. Nobili, ecclesiastici e borghesi votarono una risoluzione che richiedava la reintegrazione dei magistrati e la convocazione degli Stati generali. A Vizille, il 21 luglio, si riunì un'Assemblea composta da 50 ecclesiastici, 165 nobili e 276 esponenti del Terzo Stato, che richiese la convocazione degli Stati generali «per lottare contro il dispotismo dei ministri e porre termine alle depredazioni finanziarie»: in particolare, si chiedava che fossero gli Stati generali a votare le imposte e fossero gli Stati provinciali, costituiti elettivamente, a gestire l'amministrazione locale.

La convergenza di aristocrazia e borghesia verificatasi a Vizille non fu imitata nel resto della Francia, perché gli interessi delle due classi, unite nella lotta contro l'assolutismo monarchico, rimanevano per il resto del tutto divergenti. Lo scopo della nobiltà francese era indirizzato a conservare i propri privilegi e, rovesciando l'assolutismo, a sostituirvi il proprio potere, senza condivisioni. Il minaccioso messaggio che proveniva dalla provincia fu infatti compreso dal governo, che preferì evitare uno scontro aperto con l'aristocrazia: l'8 agosto il re indisse gli Stati generali per il prossimo maggio, il ministro Brienne si dimise il 24 e il nuovo ministro Necker cancellò la riforma giudiziaria. Il Parlamento di Parigi, restituito alla pienezza dei suoi poteri, deliberò il 21 settembre che gli Stati generali, com'era avvenuto nel lontano 1614, fossero convocati secondo i tre ordini separati del Clero, della Nobiltà e del Terzo Stato, avendo cia
IpaziaMedea
2010-03-17 19:53:35 UTC
Ciao Sarda doc, lasciando stare le risposte copiate da Wikipedia, e partendo dal punto che la convocazione degli Stati Generali, fu il risultato della politica dei predecessori di Luigi XVI e inizio da alcune considerazioni fatte dall'ambasciatore prussiano sulla corte di Luigi Capeto, siamo nel 1787:

''alla corte di Francia tutto è disordine, ingiustizia, scandalo..La regina è più odiata, ma più potente che mai. Essa si occupa intensamente degli affari pubblici. Ma, poichè non ha cervello ben sistemato, procede di capriccio in capriccio..''

Il barone di Alvensleben, continua per un bel pò a sottolineare gli aspetti negativi del re e della regina, che furono la goccia che fece traboccare il vaso dell'insoddisfazione popolare.

Nell'arco di tempo che va dal regno di Luigi XIV alla seconda metà del diciannovesimo secolo, la Francia visse spesso periodi di grande fulgore. Ma nella seconda metà del diciottesimo secolo un crescente disagio cominciò a corrodere la struttura stessa dello stato. La perdita del Canada passò quasi in secondo piano tanto umiliante era stata la sconfitta subita dalla Gran Bretegna. Ma i francesi non riuscirono a rientrare in possesso delle colonie canadesi e aggiunsero altri debiti a quelli in cui la monarchia già affondava fino al collo. I ministri francesi si ingegnarono a studiare vari metodi per ridurre il debito pubblico e riassestare le finanze (ricordiamoci anche le grandi spese sostenute per la costruzione di Versailles). I risultati furono nulli, specialmente perchè nessuno di questi metodi riuscì a far pagare le tasse ai ricchi. La splendida monarchia francese divenne in breve un simulacro. Le mancava soprattutto quell'abilità con cui il parlamento inglese era invece riuscito a incrementare i redditi. La responsabilità di questa situazione ricadde sulla nobiltà francese.

La fase critica cominciò col fallimento delle riforme proposte dal ministro Turgot nel 1774-1776 che miravano ad attuare la libertà di iniziativa economica, ad abolire i privilegi fiscali, a sopprimere vincoli e ineguaglianze che ostacolavano l'attività produttiva, a ricordinare l'amministrazione pubblica. Nello stesso tempo, i diritti feudali suoi contadini, in parte caduti in disuso, furono rimessi in vigore. I signori avanzarono pretese sulle terre appartenenti alle comunità di villaggio, richiesero dai contadini il pagamento di antichi censi e talvolta anche prestazioni di lavoro (corvées), riesumarono vecchie impostazioni di tasse, dogane, pedaggi, esercitarono con maggiore durezza l'amministrazione della giustizia nelle corti baranolai, che erano nelle loro mani una potente arma di pressione.

Un'assemblea di notabili convocata nel 1787 avrebbe dovuto , nelle intenzioni del re e del nuovo ministro delle finanze Calonne, sancire il progetto di un'imposta unica su tutta la proprietà fondiaria(sovvenzione territoriale), evitando il ricorso alla convocazione degli Stati Generali; l'assemblea rimase sorda all'appello. Cominciò da quel momento una grande agitazione aristocratica per imporre la convocazione degli Stati Generali, ai quali spettava il potere di approvare questa modifica.

Tutti questi fattori infine, nel 1789, portarono all'annuncio che il re avrebbe convocato gli Stati Generali, che era una sorta di parlamento di origine medievale, questo suscitò grande entusiasmo; poichè ormai il deficit del paese era sulle spalle del solo terzo stato, che era schiacciato da tasse e tributi. Si diffuse l'opinione che la Francia avrebbe tratto giovamento se il suo governo avesse agito in accordo con la volontà della maggioranza. La delusione di tale aspettativa portò alla presa della Bastiglia e all'inizio di quella che fu il più grande cambiamento sociale e politico.
Andrea C
2010-03-17 18:18:09 UTC
Moltissimi fattori portarono alla rivoluzione, in particolare le cause furono di diverso tipo:

Cause sociali: la società francese era suddivisa in tre ordini: Aristocrazia(1.5%), Clero(0.5%) e Terzo Stato(98%). Più del 95% della popolazione era però costituito dal Terzo Stato e vi era di conseguenza un forte squilibrio numerico. Le classi erano inoltre eterogenee: in ognuna c'erano sia individui ricchi che individui poveri, poiché ogni persona era classificata in base ad un titolo. Vennero così a formarsi delle alleanze "trasversali" e censuarie tra persone di diverse classi.



Cause politiche: dal punto di vista della politica estera, la Rivoluzione Americana, avvenuta prima di quella francese, fece da modello di ribellione ai cittadini francesi. Dal punto di vista della politica interna, l'incapacità di governare dei successori di Luigi XIV, ovvero Luigi XV e in particolar modo Luigi XVI, fece nascere l'ostilità del popolo. Essi non ebbero né la forza né il carisma per sostenere le loro posizioni; inoltre lo scontento aumentò grazie alla presenza impopolare di Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, la quale era troppo legata alla sua patria austriaca.



Cause culturali: in Francia, soprattutto, si sviluppò una nuova cultura, l'Illuminismo, che poi si diffuse nel resto dell'Europa. Era basata su tre principi fondamentali: Razionalismo, Egualitarismo e Contrattualismo (corrente di pensiero portata dal rifiuto per l'Assolutismo, basata su un contratto posto tra popolo e chi lo governa).



Cause economiche: la rivoluzione riguardò sia la microeconomia francese sia la macroeconomia. I raccolti andati a male, le carestie ed il clima avverso portarono ad una forte inflazione. Le tasse elevate pesavano sul Terzo Stato (il quale era l'unico a pagarle) e, dato che non produceva più beni commerciabili, lo Stato non riusciva ad arricchirsi attraverso la tassazione.

ma la piu importante è quella economica:



Durante i regni di Luigi XV e Luigi XVI, diversi ministri, inclusi Anne Robert Turgot e Jacques Necker, cercarono senza riuscirvi di modificare il sistema impositivo e convertirlo in un sistema più giusto ed uniforme. Tali iniziative incontrarono una forte opposizione da parte della nobiltà, che si considerava garante nella lotta contro il dispotismo. Questi ministri furono così costretti a rinunciare al loro mandato ed il 3 novembre 1783 il re nominò Charles Alexandre de Calonne ministro delle finanze.

Calonne intraprese una politica di spese consistenti, volta a convincere i potenziali creditori della solidità delle finanze nazionali. Durante il suo ministero non si sentiva parlare che di pensioni e gratificazioni. Nel breve termine sperava che una dimostrazione di supporto da parte dell'assemblea dei notabili avrebbe permesso di ripristinare la fiducia nelle finanze francesi e di ottenere quindi dei prestiti con cui far fronte alle spese.

In seguito, in uno studio dettagliato della situazione finanziaria, Calonne si rese conto che non era sostenibile e indicò che bisognava fare delle importanti riforme. In particolare, prescrisse un codice tributario uniforme per quanto concerneva la proprietà delle terre, con il quale assicurava che si sarebbe ottenuto un risanamento delle finanze. Quando Calonne espose al re la necessità della riforma proposta, l'Assemblea dei Notabili rifiutò di accettare questi rimedi, a causa della reputazione di immoralità che Calonne si era guadagnato negli anni del suo ministero e perché a lui era attribuita una parte del deficit.

Le finanze francesi erano alla bancarotta. Secondo François Mignet, i prestiti ammontavano a «milleseicentoquarantasei milioni... e... c'era un deficit annuale di quarantasei milioni

Si cominciava a pensare che solo un organo rappresentativo di tutta la nazione, come gli Stati Generali, avrebbe potuto votare l'applicazione di nuove tasse, ma Calonne rifiutò l'idea di convocarli.

Il 18 dicembre 1787, il re Luigi XVI, promise di convocare gli Stati Generali nel giro di cinque anni.

La monarchia non poté realizzare alcuna riforma fiscale a causa dell'ostruzionismo sistematico del Parlamento. La «Giornata delle tegole di Grenoble», che ebbe luogo nel 1788 mostrò l'alleanza contraddittoria tra il Parlamento ed il popolo. Le proteste delle famiglie toccate dalla crisi economica si moltiplicarono dopo il mese di maggio e queste agitazioni obbligarono la guarnigione ad intervenire il 7 giugno, ma essa venne accolta dal getto di tegole lanciate dagli abitanti di Grenoble saliti sui tetti. Dopo la giornata delle tegole, un'assemblea dei tre ordini (clero, nobiltà e terzo stato) si riunì al castello di Vizille e decise lo sciopero delle imposte tanto che gli Stati Generali della provincia non furono convocati dal re per votarli. Nel fallimento e incapace di ristabilire l'ordine, Luigi XVI cedette e l'8 agosto 1788 acconsentì a convocare gli Stati generali per il 5 maggio 1789, per la prima volta dal 1614.

Il 25 agosto 1788 Brienne rinunciò all'incarico e all


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